Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
Visione del firmamento
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 79, p. 3
Data: 3 aprile 1955


pag. 3




   Uno spazio immenso, gelido e buio. NeIl’interminata ghiaccia tenebra trilioni di fuochi giganti bruciano e fuggono. Vertiginosamente fuggono, pazzamente fiammeggiano. Perchè mai questi innumerabili roghi volano così velocemente e ardono così infaticabilmente? Per sottrarsi a un pericolo? Per giungere in tempo a una misteriosa meta? Per vincere il buio e il gelo dell'infinito? Ma invano fuggono perchè tutti, alla fine, si stancano e si disperdono. Ma invano bruciano perchè consumano se stessi e tutti, alla fine, si spengono.
   Anche gli astri più ingenti e fulgenti son condannati all'umiliazione della decadenza, dell'agonia, del dissolvimento.
   Son trilioni d'immani fulgori eppure non riescono a rischiarare lo sconfinato nero dei cieli più che uno sciame di lucciole non rischiari le navata notturne di un'alta cattedrale.
   Son trilioni d'incendi fuggiaschi eppure non riescono a riscaldare l'algido firmamento più che una luminaria di sagra non riscaldi la vasta piazza di un borgo.
   Splendono ma non prevalgono sulla gran notte, divampano ma non trionfano sull'eterno algore, fuggono ma non si salvano dalla morte. Tra gli sparsi stormi dei fuochi fuggenti si aggirano cirri e spirali di polverio luminescente: matrici di nuove stelle, destinate, come l'altre, dopo milioni di millenni, a perire.


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